martedì 25 novembre 2014

Gli applausi (ipocriti e blasfemi) di Bruxelles a Papa Francesco dicono che dal 2015 non possiamo aspettarci niente di buono


Tra poco più di un mese arriverà il 2015. Quello vero. Che non è certo quello che Robert Zemeckis e Steven Spielberg ci fecero immaginare trent'anni fa in "Ritorno al futuro II": niente auto volanti, niente skateboard sospesi, niente giacche che si asciugano automaticamente né "autolacci" per non farci scomodare ad abbassarci per sistemarci le scarpe. Niente doppie cravatte come quelle (improbabili) indossate dal Marty McFly del futuro.
No. Questo 2015 è tutt'altro che simbolo della modernità. Che gli autori di quella magnifica saga cinematografica avrebbero anche potuto immaginare perfettamente se solo avessero disegnato e trasposto sul grande schermo una raffica di cloni (che é è questo ciò che siamo diventati) tutti con la testa china sulla tastiera del telefonino o del tablet. 
In realtà il mondo del 2015 (quello reale) è il simbolo del degrado culturale, sociale, politico e (ahimé) economico, che ci trasciniamo ormai da anni. Quella deriva che ha allargato in maniera sempre più preoccupante il divario tra ricchezza e povertà, tra chi ha perso perfino la dignità e chi invece sguazza nell'oro. Perché il problema non è la mancanza di assunzioni, ma la necessità di avere leggi che permettano di licenziare chi lavora. 

È un mondo drammaticamente squilibrato quello nel quale viviamo. Quello dell'austerità rigida (per l'interesse di pochi) che ha mortificato la crescita e aumentato la miseria. Papa Francesco, che proprio oggi a Bruxelles ha invitato i capi europei a ricordarsi di restituire dignità al lavoro, si è visto tributare una marea di applausi. 
Delle due l'una: o non hanno capito cosa ha detto il Pontefice oppure, battendogli le mani, hanno esercitato la più blasfema delle ipocrisie.
Massimo D'Antoni
@dantonisciacca

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