martedì 25 agosto 2020

Il nostro giornalismo forse scontenta le tifoserie: ma tanto a noi i tifosi non piacciono

 "Lei è liberissimo di dare tutte le risposte che vuole, io faccio tutte le domande che credo". Furono queste le parole che Enzo Biagi comunicò per telefono a Michele Sindona nel 1977, poco prima dell'intervista al discusso banchiere e faccendiere.

Premetto subito che non intendo avvicinarmi (ma neanche lontanamente) alla grandezza di Enzo Biagi, ma questo ricorso storico mi è necessario per cercare di mettere in risalto il ruolo che (naturalmente dal mio punto di vista) il giornalista è chiamato a svolgere, in un'epoca nella quale le tifoserie in campo lo tirano continuamente per la giacca, pretendendo che agisca "in nome e per conto" o, peggio, nella qualità di "braccio armato" di una lotta politica della quale siamo e vogliamo continuare ad essere spettatori. 

Forse il mio difetto è che ho una faccia che qualcuno considera poco aggressiva (non è una cosa che mi interessa, francamente), o che mentre faccio le interviste non brandisca un manganello per colpire sulla faccia l'ospite di turno, così come vorrebbero alcuni telespettatori-tifosi assetati di sangue. La mia "fortuna" è, però, che ogni giorno (e da almeno trent'anni), il mio lavoro scontenta contemporaneamente i tifosi (più o meno politicizzati) di una squadra così come, allo stesso modo, quelli della squadra avversaria. 

Un Telegiornale cittadino non fa politica. Secondo noi deve essere testimone dei fatti. Noi di Tele Monte Kronio non temiamo di prendere posizione sui temi più spinosi, ma al tempo stesso non temiamo di fare i conti con la verità, perché è il nostro unico punto di riferimento, a differenza di chi è "tifoso", che  con la verità ha un rapporto assolutamente partigiano, ritenendo che la "sua verità" sia l'unica possibile e immaginabile.

La funzione primaria del nostro Telegiornale (e sfido chiunque a dimostrare il contrario) è quello di garantire ogni giorno il dibattito. Per riuscire nell'intento concediamo lo spazio necessario a tutte le rappresentanze politiche, sociali e culturali più o meno democraticamente accreditate. 

Per qualcuno, evidentemente, questo non è un fatto positivo. Ebbene: per noi lo è. Ed è su questa strada che continueremo a lavorare, nel tentativo di tenere alto lo spirito di un confronto che sia democratico, in un solco nel quale continueremo ad interpretare le istanze dei cittadini (ogni giorno protagonisti con la rubrica delle "Vostre segnalazioni), ma nel quale non esiteremo a fornire anche chiavi di lettura condivisibili o meno, ma sicuramente oneste, che forse non saranno accompagnate da standing ovation popolari. Ma a noi le standing ovation non interessano. Non facciamo show o, peggio, non offriamo gare di boxe. Noi facciamo una cosa un po' più seria: facciamo informazione. Con tutti i limiti che questo genera.

Parliamo con tutti, accogliamo le istanze di tutti e valorizziamo un dibattito tentando di improntarlo sulla serietà professionale e sul rispetto di tutte le opinioni. Ma non siamo "parte in causa", e tanto meno ci interessa arruffianarci nei confronti dell'una o dell'altra "parte". 

Il carcere duro: perché il dibattito sul singolo caso Cospito si sta estendendo sulla norma nella sua interezza

Avere trasformato la singola questione riguardante lo sciopero della fame dell'anarchico Alfredo Cospito in un dibattito (con molte, tro...