mercoledì 3 giugno 2020

Dal Coronavirus alla spazzatura: quando lisciare il pelo della rabbia non è sempre saggio

Occupandomi per lavoro della vicenda Coronavirus, ho sentito più volte il bisogno di ribadire come nessuno di noi fosse preparato a questa situazione, come non ci fossero precedenti nella storia recente e, di conseguenza, come non ci fossero possibili paragoni con situazioni similari del passato e da nessun osservatorio: né quello scientifico, né quello economico, né quello politico. Una elucubrazione necessaria, la mia, nella fase storica in cui "tutti sanno tutto", e il proprio "pensiero" trova spazio nel fertilissimo cortile di Facebook nel quale, piuttosto facilmente, se non si è autentici haters, spesso si rischia di rasentare ugualmente l'insolenza, pretendendo come minimo di saperla comunque più lunga di luminari e premi Nobel.

La mia premessa è obbligatoria per cercare di interpretare il più possibile il rigore che il giornalista dovrebbe osservare nel raccontare un fatto, conferendo alla eventuale legittima parallela critica, una dimensione che sia la più possibile rispettosa non solo del problema, ma anche del detentore (pro tempore) del potere di risolverlo nonché dell'effettiva valenza delle competenze di chi quel problema è stato chiamato a gestire. Si è rivelata a dir poco presuntuosa, per dire, la gestione giornalistica dell'emergenza Coronavirus che ha visto colleghi lasciarsi andare addirittura a valutazioni cliniche. Molti giornalisti preferiscono lisciare il pelo al lettore più incattivito, con l'obiettivo evidente di acquisire l'immagine del cronista d'assalto, di colui che non le manda a dire, che grida, che "smaschera" soprusi. Alcuni, mica tutti (parlo dei soprusi). 

Il tentativo è chiaro: imbattersi nell'insoddisfazione generale, quella di chi ritiene che solo il lavacro del sangue (naturalmente quello altrui) possa purificare il mondo (anche nell'accezione più laica possibile). L'arte del puntare il dito cancella così l'arte del ragionamento, del confronto, della possibilità (anche critica) di capire e soprattutto di farsi capire. E così tutto diventa politica, tutto si scioglie nell'acciaio fuso delle chiavi d'interpretazione contro il potere (ma, fatalmente, a favore dell'opposizione). E viceversa. E ad imperare alla fine è il relativismo. 

Prendiamo ad esempio la questione dei rifiuti. L'aumento della raccolta differenziata, da fatto positivo che era si è trasformato in un problema. Il centro di compostaggio dove conferire i rifiuti umidi, infatti, non ce la fa a ricevere tutto il quantitativo di spazzatura raccolta in diciassette comuni, quelli dell'ex Ato (oggi Srr).

Da un po' di tempo saltano regolarmente i turni di ritiro dell'organico. Con conseguenti (ripetitivi) improperi dell'opinione pubblica sui social, a cui si associa la solita politica che gioca a rimpiattino. Come se non sapessimo che noi siamo solo il microcosmo di un universo ben più vasto, dove la gestione della spazzatura sconta decenni di ritardi regionali (e italiani), come se non sapessimo che il centro di compostaggio di Sciacca è solo uno degli ingranaggi di una macchina gigantesca, come se non sapessimo che non si può tirare all'infinito la coperta troppo corta di una questione, quella dei rifiuti, che senza inceneritori mica possono essere sempre mandati in Germania (dove, si presume, a differenza di noi che siamo intelligenti loro sono stupidi). 

Ma fa comodo far finta di non sapere niente di tutto questo. Fa comodo alla politica di opposizione (che liscia il pelo della rabbia della gente), fa comodo alla politica di maggioranza (che ricorda come il problema abbia dimensioni regionali). Il tutto in una discussione infinita, dove le parti sono state (e torneranno ad essere) invertite. E dove alla fine il giornalista che liscia il pelo dell'opinione pubblica effettivamente non ama dire come stanno davvero i fatti, ma ha solo bisogno di dare la colpa a qualcuno. Non è così che dovrebbe funzionare. 

Il carcere duro: perché il dibattito sul singolo caso Cospito si sta estendendo sulla norma nella sua interezza

Avere trasformato la singola questione riguardante lo sciopero della fame dell'anarchico Alfredo Cospito in un dibattito (con molte, tro...