domenica 23 gennaio 2022

Del voto e delle promesse, del popolo e delle ambizioni: la storia sembra destinata a ripetersi

Da un po' di anni, tutte le volte che ci avviciniamo alle elezioni amministrative rimango puntualmente stupito dalle ambizioni talvolta sfrenate di chi è pronto a candidarsi, non esitando (se necessario) a sgomitare (altro che la prosopopea retorica di chi dice "se mi verrà chiesto di sacrificarmi valuterò per il bene della collettività"). 

Sembrano preistoria le valutazioni più o meno dottrinali sul valore civico di chi mette a disposizione il proprio tempo al servizio della collettività. D'altronde a rivelare le difficoltà nell'amministrare è il consenso pubblico che, ormai in maniera puntuale e scientifica, viene rivolto a quelli che sono all'opposizione. I quali assumono su di loro il compito di interpretare l'insoddisfazione popolare (niente di male, è una delle principali regole della democrazia). Salvo, poi, precipitare nel consenso quando è il loro turno, ossia nel momento in cui tocca a costoro entrare, per dirla con Pietro Nenni, nella famigerata "stanza dei bottoni". Il ragionamento non ha colore politico, vale per tutti gli schieramenti. 

Ora, siccome io non riesco ad accettare come programma politico il punto che "la colpa è di chi c'era prima" (il caso di Musumeci che sullo sfascio delle Terme di Sciacca continua ad additare Crocetta mi sembra decisamente emblematico), bisognerebbe soltanto che i competitors avessero il coraggio, in campagna elettorale, di dire la verità agli elettori. Solo che, ahimè, la verità non produce consenso. Voglio dire che noi elettori, nella baraonda dei problemi e anche di chi li ha causati, non meritiamo alcuna assoluzione. 

Nel 2017 fu oggettivamente eccessivo lo slogan elettorale di Francesca Valenti contro l'amministrazione precedente ("Mai più 5 anni così"). Eppure fece ugualmente presa. Perché il popolo è così, e io (che per fortuna faccio un altro mestiere) al posto di Fabrizio Di Paola non mi fiderei granché di chi oggi torna ad adularlo rimpiangendone l'esperienza, perché il più delle volte sono gli stessi che gli avevano voltato le spalle e che, probabilmente, torneranno a farlo.

Ma la politica è così, e non parlo dei soliti politicanti che riescono sempre a galleggiare passando da uno schieramento all'altro come dentro una porta girevole, ma di quel cittadino a cui, nelle campagne elettorali, si fa credere quasi di disporre di poteri soprannaturali per risolvere problemi che in qualche caso sono vecchi di qualche secolo. Ci sono personaggi della politica che sarebbero in grado quanto meno di bussare alle porte giuste o di telefonare alle persone adatte, per intercettare finanziamenti. Personaggi che, però, e talvolta per bizzarre alchimie e attrazioni fatali, faticano ad ottenere il consenso adatto. È il suffragio universale, bellezza. Che, per fortuna, ancorché con tanti difetti, come quello che ho tentato di sottolineare, rimane l'unica strada possibile. La scelta della pancia, talvolta verso sedicenti taumaturghi da cui non comprerei la classica auto usata, fatalmente non produce quasi mai risultati concreti. Perché naturalmente facciamo parte, e a pieno titolo, dei 60 milioni di commissari tecnici italiani.

E allora il tutto si concretizza puntualmente nell'ennesimo atto di un teatrino dove tutti pensano di avere ragione, soprattutto se le rispettive cortigianerie glielo fanno credere. A venire fuori è l'ennesima contrapposizione in chiave farsesca tra guelfi e ghibellini, che non fa bene a nessuno. Non è tempo di teorie di alta scuola. Amministrare è difficile, e questo lo riconoscono tutti. Ma credere a scatola chiusa a chi prometterà gli immancabili effetti speciali richiede tanta ingenuità. Eppure, al di là del voto di protesta, che sembra essere l'unica (ma inutile) arma rimasta nelle mani del cosiddetto "popolo", la storia sembra destinata a ripetersi. E i giornalisti ci ritroveremo ancora una volta, come ci viene rimproverato da chi spesso "coraggiosamente" denuncia al telefono ma non vuole parlare al microfono, a parlare sempre degli stessi problemi.  


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