venerdì 26 dicembre 2014

Selfie, che passione. Ci si immortala per essere immortali. In realtà si fanno per dimostrare (a se stessi) di essere vivi




Farsi un selfie, come si chiamano oggi i classici "autoscatti". Obiettivo: immortalarsi. Magari confidando, nel proprio intimo, nell’immortalità. 
Tanto più che molti selfie vengono scattati accanto a ciò che immortale più non è, pur appartenendo alla porpria stessa dimensione. Una specie di “Natura morta 2.0”. Non certo il tradizionale cesto di frutta con i chiaroscuri impossibili che, invano, qualcuno cercava di imparare a scuola durante le ore di educazione artistica. Le nature morte di oggi in realtà sono le lasagne fumanti appena condannate a morte dentro al piatto. Che, poi, altro che morte: le lasagne sono un assoluto distillato di vita.
Oppure un selfie accanto ad un'altra natura morta, cioè la bottiglia semivuota di Nero d’Avola. Così, almeno, i follower capiranno che il protagonista del selfie se l'è scialata.
Ma perché questa irrefrenabile voglia di selfie? Per esibizionismo o per bisogno di immortalità? Forse la seconda che ho detto. Ma la realtà è diversa. Sì, macché immortalità d'Egitto! In realtà ci si fanno i selfie per dimostrare che si è vivi. Il dramma però è che si obbedisce ad un bisogno drammatico: dimostrare a se stessi di essere vivi. 
Ed è questo ciò che più di ogni altra cosa deprime l'anima.
Massimo D'Antoni
@dantonisciacca

2 commenti:

  1. Siamo nell'epoca della dimostrazione. Esisti se gli altri sanno che esisti. Da qui la necessità del selfie. Tendiamo a voler fare di ogni avvenimento un ricordo, con il risultato di non avere praticamente ricordi ma soltanto foto. É la logica attuale delle cose. Del resto chi commenta negativamente i selfie si fa i selfie. E chi commenta il degrado della società per colpa di Internet lo fa tramite internet.
    Salvo.

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