Farsi un selfie, come si chiamano oggi i classici "autoscatti". Obiettivo: immortalarsi. Magari confidando, nel proprio intimo, nell’immortalità.
Tanto più che molti selfie vengono scattati accanto a ciò che immortale più non è, pur appartenendo
alla porpria stessa dimensione. Una specie di “Natura morta 2.0”. Non certo il tradizionale
cesto di frutta con i chiaroscuri impossibili che, invano, qualcuno cercava di imparare a
scuola durante le ore di educazione artistica. Le nature morte di oggi in realtà sono le
lasagne fumanti appena condannate a morte dentro al piatto. Che, poi, altro che
morte: le lasagne sono un assoluto distillato di vita.
Oppure un selfie
accanto ad un'altra natura morta, cioè la bottiglia semivuota di Nero d’Avola. Così, almeno, i follower
capiranno che il protagonista del selfie se l'è scialata.
Ma perché questa irrefrenabile voglia di selfie? Per esibizionismo o per bisogno di immortalità? Forse la seconda che ho detto. Ma la realtà è diversa. Sì, macché immortalità d'Egitto! In realtà ci si fanno i selfie per
dimostrare che si è vivi. Il dramma però è che si obbedisce ad un bisogno drammatico: dimostrare a se stessi di essere vivi.
Ed
è questo ciò che più di ogni altra cosa deprime l'anima.
Massimo D'Antoni
@dantonisciacca
Siamo nell'epoca della dimostrazione. Esisti se gli altri sanno che esisti. Da qui la necessità del selfie. Tendiamo a voler fare di ogni avvenimento un ricordo, con il risultato di non avere praticamente ricordi ma soltanto foto. É la logica attuale delle cose. Del resto chi commenta negativamente i selfie si fa i selfie. E chi commenta il degrado della società per colpa di Internet lo fa tramite internet.
RispondiEliminaSalvo.
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