venerdì 5 dicembre 2014

Mafia Capitale conferma che malaffare e politica non sono solo alleati ma facce della stessa medaglia


L'operazione "Mafia capitale" viene rappresentata dal mondo dell'informazione come una sorta di spartiacque nella lotta dello Stato contro la criminalità organizzata. Gli interessi economici, e la loro co-gestione attraverso un mondo della politica che più che complice appare protagonista principale, suscitano riflessioni diverse.
Si può dire che si registra, in particolare, una sostanziale parificazione tra delinquenza (tutt'altro che comune, ahimè) e politica. Checché qualcuno possa pensare che la predetta parificazione, alla luce di fatti che conosciamo tutti da tempo, fosse ormai da ritenersi scontata, al contrario a me appare come il vero elemento di novità che viene fuori in un mondo della corruzione sempre più dilagante, dimostrando non solo che la mafia ha bisogno della politica, ma che arriva a decidere al posto della politica. 
Prima che si apprendesse dell'esistenza stessa dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia si era sempre sempre immaginato che le connivenze, pur dannose e dagli esiti che tragicamente possiamo ripescare nella memoria collettiva, si fossero determinate con accordi inconfessabili tra la criminalità e solo una parte del mondo politico, quello (ovviamente) che gestiva il potere. 
Ma l'inchiesta di Roma sta clamorosamente superando questo concetto, e ci pone davanti ad un quadro drammatico, nel quale oggi non si arriva più a percepire alcuna differenza tra il criminale e il politico: figure non più distinte ma speculari. Se il processo sulla trattativa dovesse confermare il quadro accusatorio elaborato dalla Procura di Palermo, la parificazione sarebbe totale. È uno scenario preoccupante. 
Ma dobbiamo essere pronti eventualmente a prenderne atto e a riscrivere i libri di storia. E dovremo ammettere che il malaffare non ha mostrato differenze di schieramento politico. Ed è questo quello che deprime sul nascere ogni ipotesi di un mondo migliore per i nostri figli.
Massimo D'Antoni
@dantonisciacca

1 commento:

  1. E' in momenti come questi che si sente il bisogno di un di più di capacità di analisi e di studio delle vicende storiche recenti, non di meno. E non è una novità nemmeno la famosa espressione "sono tutti una cosa". I Belsito, i Fiorito, i Lusi, i Bossi, Galan,passando per Fini,ma anche Di Pietro sono stati tutti fenomeni legati alla cultura della tabula rasa, non si salva nessuno, azzeriamoli tutti, del potere alla gggente, etc.Chi è pulito lo è perché ha evitato rigorosamente di sporcarsi le mani e quindi non fa testo, perché la purezza che non conosce il rischio del peccato è semplicemente ipocrisia. Anche perché in questi anni tanto schifosi negli stessi luoghi in cui avvenivano le peggiori nefandezze c'erano e ci sono persone che hanno continuato a resistere ritrovandosi nell'incredibile condizione di essere detestati da chi li disprezzava perché non si erano piegati al "così fan tutti" e di essere semplicemente ignorati da chi per realizzare nuove carriere all'insegna del "nuovo " (ma quanti "nuovi" abbiamo conosciuto in oltre venti anni!) aveva semplicemente bisogno di non avere altri concorrenti. C' è una corruzione diffusa che non risparmia nessuno e che non si limita alla politica. Le troppe edizioni del nuovismo l'hanno spesso semplicemente trasformata per riproporla in nuove versioni. Se non si ha il coraggio di guardarla in faccia non ce ne libereremo e preparerà la strada a fenomeni politici sempre più pericolosamente autoritari.
    Frank

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