domenica 24 giugno 2018

Matteo Salvini è il vendicatore pro-tempore dell'italiano medio

Non nascondiamocelo: da generazioni l'italiano medio ha un debole per l'uomo solo al comando. Adora il decisionismo, la spregiudicatezza, ama alla follia perfino una certa "cattiveria" di fondo. Tutte doti che, naturalmente, essendo "medio" questo tipo di italiano non possiede. Perché in fondo è quello che oggi definisce un "buonista". E allora le predette doti le cerca in qualcun altro. Perché, di fatto, l'italiano medio adora essere suddito, ma è anche molto vendicativo. Intendiamoci: non ha il coraggio di farla pagare a nessuno, ma ha bisogno di qualcuno che lo faccia al posto suo.

Per ora il vendicatore dell'italiano medio è Matteo Salvini. Che batte il ferro finché è caldo. Perché sa bene che la realtà di oggi prima o poi cambierà. Perché morto un vendicatore se ne farà un altro. L'italiano medio è lo stesso che prima si spella le mani in applausi a piazza Venezia ma dopo non esita a prendere a pedate il cadavere del Duce appeso a testa in giù a piazzale Loreto. Oggi l'italiano medio adora Salvini, ma ieri non gli dispiaceva Beppe Grillo. L'altro ieri adorò Matteo Renzi. E, a ritroso, ha stravisto per Berlusconi, prima ancora ha ammirato Bossi, Andreotti, Bettino Craxi. Dalle nostre parti amava alla follia Calogero Mannino.

L'italiano medio oggi esalta, ma domani calpesta. Ma sa bene che la politica vendicativa fa perdere di vista il lume della ragione. Perché la storia si ripete: chi ha problemi ne crea agli altri. E pur conoscendo la storia, la folla continuerà a chiedere la liberazione di Barabba. Allo stesso modo continua a votare di pancia. All'italiano medio non interessa alcunché dei programmi, delle coperture finanziarie, degli accordi internazionali, delle politiche dello sviluppo o della coerenza politica. A parole non gliene frega niente della Destra e della Sinistra. Eppure è la Destra ad affascinarlo di più.

Ma la luna di miele tra il Popolo e Salvini, che rischia di ridimensionare il grillismo, non durerà a lungo. Perché tra poco l'italiano medio si accorgerà che i suoi problemi personali non sono stati risolti nemmeno da questo vendicatore. E inizierà la ricerca del prossimo. Ma la politica è un'altra cosa. E Salvini è solo un vendicatore pro-tempore.

Massimo D'Antoni

P.S. Questo articolo vuole essere una modesta elaborazione culturale senza alcuna pretesa di essere imposta o condivisa. Pertanto, ogni riferimento a persone che, in qualche maniera, tendessero ad identificarsi nel cosiddetto "italiano medio" è da considerarsi puramente casuale. 

3 commenti:

  1. Quind, morale della favola,siamo stati, siamo e saremo un po tutti degli "italiani medi"

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  2. Caro Massimo,
    Ottima la disamina del bisogno dell’uomo medio di avere un mito del potere da adorare e da rincorrere, aspirando a diventare esattamente come la sociologia di un’epoca impone. Ricordo benissimo il mito berlusconiano dell’uomo ricco, bello (si fa per dire), pieno di donne e di possibilità. Mito che molti tra gli uomini medi che io conosco hanno rincorso per anni, nella inconsapevole consapevolezza di non riuscire ad uscire dalla propria mediocrità. Accanto agli uomini medi, ci sono poi anche le donne medie, su cui aprirei discorsi che rischiano di divenire infiniti, e per questo mi limito a dire che noi donne (alcune di noi almeno) continuiamo a combattere con il falso, falsissimo mito della femme fatale che spesso si accompagna al mito, terroristico mito, dell’uomo di potere.
    Tornando al sig. ministro, con quel visino da uomo mediocre, ti confesso che ho provato a cogliere i segnali di una sua psicologia personale, senza avere pretesa di fare alcuna diagnosi, ne tantomeno di rilevarne salute o malattia mentale. Certo è però che i comportamenti e soprattutto, nel suo caso, la comunicazione, parlano per lui.
    Sono d’accordo sull’idea di vendicatore pro-tempore, il che sposta l’attenzione sui destinatari, ma aggiungo che lui potrebbe (condizionale obbligatorio) anche essere il vendicatore di se stesso. Mi spiego meglio: in psicologia sociale c’è una dinamica che si chiama locus of control...ovvero “è colpa mia o è colpa tua”...dinamica che serve ad appianare un conflitto interno tra angosce personali. Puoi scegliere tra “è solo mia la responsabilità o è solo tua la responsabilità”. L’optimum sarebbe quello di analizzare criticamente il mondo esterno e se stessi e trovare un compromesso interno che consenta di far pace e continuare vivere tra gli umani alti e bassi. Beh, il nostro ministro potrebbe essere vendicatore di se stesso, come di tutti gli italiani arrabbiati e insoddisfatti che fanno fatica ad ammettere di fare cazzate.
    Alla base di questo atteggiamento, arricchito da una comunicazione offensiva e fastidiosa, per chi come me ha un debole per la gentilezza, potrebbe esserci un riscatto personale, una vendetta personale, un rivendicare qualcosa che gli hanno tolto, ma che di certo non gli ha tolto ne l’immigrato, ne il terrone, ne le ong, ne il diverso da lui. La tolleranza è qualcosa che si apprende da piccoli, così come l’accettazione dei propri limiti, il confronto, e così come la sconfitta e la vergogna per se stessi, che magari, accettandola, può anche diventare sprono e spinta per fare meglio. E se non lo appendi da piccolo, penso di aver lasciato intendere cosa voglio dire.
    Un sig. ministro che invece non ha vergogna di parlare come parla, e che si apre al confronto solo se conviene, solo se in sintonia con il suo obiettivo, che è più personale che di salvaguardia della sacra identità italiana.
    E in fondo, azzardo anche nel dire che l’uomo medio che inneggia al ministro, con la sua rabbia, emozione primaria che non necessita di riflessione e che si attiva d’istinto, soprattutto quando la confusione non permette razionalità, potrebbe essere lo strumento e il conduttore di un’energia che rischia di propagarsi a velocità incontrollabile.
    Ciò che mi preoccupa è che recuperare un sano spirito critico, dovrebbe passare da un leader positivo e solido capace di fare da contraltare rassicurante e sicuro. Questo mi preoccupa, perché oggi, sebbene ci siano figure di spicco nel mondo politico, siamo fermi alla tappa dell’emotività scagliata contro chiunque non incarni la nostra angoscia.
    Siamo italiani uniti dalla paura, dalla rabbia, e siamo italiani uniti da una comunicazione “hateristica” che non ci porterà lontano.

    Iv.

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  3. Caro Massimo,
    Ottima la disamina del bisogno dell’uomo medio di avere un mito del potere da adorare e da rincorrere, aspirando a diventare esattamente come la sociologia di un’epoca impone. Ricordo benissimo il mito berlusconiano dell’uomo ricco, bello (si fa per dire), pieno di donne e di possibilità. Mito che molti tra gli uomini medi che io conosco hanno rincorso per anni, nella inconsapevole consapevolezza di non riuscire ad uscire dalla propria mediocrità. Accanto agli uomini medi, ci sono poi anche le donne medie, su cui aprirei discorsi che rischiano di divenire infiniti, e per questo mi limito a dire che noi donne (alcune di noi almeno) continuiamo a combattere con il falso, falsissimo mito della femme fatale che spesso si accompagna al mito, terroristico mito, dell’uomo di potere.
    Tornando al sig. ministro, con quel visino da uomo mediocre, ti confesso che ho provato a cogliere i segnali di una sua psicologia personale, senza avere pretesa di fare alcuna diagnosi, ne tantomeno di rilevarne salute o malattia mentale. Certo è però che i comportamenti e soprattutto, nel suo caso, la comunicazione, parlano per lui.
    Sono d’accordo sull’idea di vendicatore pro-tempore, il che sposta l’attenzione sui destinatari, ma aggiungo che lui potrebbe (condizionale obbligatorio) anche essere il vendicatore di se stesso. Mi spiego meglio: in psicologia sociale c’è una dinamica che si chiama locus of control...ovvero “è colpa mia o è colpa tua”...dinamica che serve ad appianare un conflitto interno tra angosce personali. Puoi scegliere tra “è solo mia la responsabilità o è solo tua la responsabilità”. L’optimum sarebbe quello di analizzare criticamente il mondo esterno e se stessi e trovare un compromesso interno che consenta di far pace e continuare vivere tra gli umani alti e bassi. Beh, il nostro ministro potrebbe essere vendicatore di se stesso, come di tutti gli italiani arrabbiati e insoddisfatti che fanno fatica ad ammettere di fare cazzate.
    Alla base di questo atteggiamento, arricchito da una comunicazione offensiva e fastidiosa, per chi come me ha un debole per la gentilezza, potrebbe esserci un riscatto personale, una vendetta personale, un rivendicare qualcosa che gli hanno tolto, ma che di certo non gli ha tolto ne l’immigrato, ne il terrone, ne le ong, ne il diverso da lui. La tolleranza è qualcosa che si apprende da piccoli, così come l’accettazione dei propri limiti, il confronto, e così come la sconfitta e la vergogna per se stessi, che magari, accettandola, può anche diventare sprono e spinta per fare meglio. E se non lo appendi da piccolo, penso di aver lasciato intendere cosa voglio dire.
    Un sig. ministro che invece non ha vergogna di parlare come parla, e che si apre al confronto solo se conviene, solo se in sintonia con il suo obiettivo, che è più personale che di salvaguardia della sacra identità italiana.
    E in fondo, azzardo anche nel dire che l’uomo medio che inneggia al ministro, con la sua rabbia, emozione primaria che non necessita di riflessione e che si attiva d’istinto, soprattutto quando la confusione non permette razionalità, potrebbe essere lo strumento e il conduttore di un’energia che rischia di propagarsi a velocità incontrollabile.
    Ciò che mi preoccupa è che recuperare un sano spirito critico, dovrebbe passare da un leader positivo e solido capace di fare da contraltare rassicurante e sicuro. Questo mi preoccupa, perché oggi, sebbene ci siano figure di spicco nel mondo politico, siamo fermi alla tappa dell’emotività scagliata contro chiunque non incarni la nostra angoscia.
    Siamo italiani uniti dalla paura, dalla rabbia, e siamo italiani uniti da una comunicazione “hateristica” che non ci porterà lontano.

    Iv.

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