mercoledì 27 giugno 2018

E allora il PD? Stavolta sono io a farmi la domanda. Il rilancio passa dalla rielaborazione delle priorità

E allora, il PD? Stavolta sono io a domandarmelo. E lo faccio con lo spirito di chi ritiene che il partito fondato da Walter Veltroni sia assolutamente necessario nell'architettura della Democrazia in Italia. Eppure oggi stiamo commemorando la sostanziale marginalizzazione dei DEM nella realtà politica. L'affermazione della Destra di Salvini, a cui il Movimento 5 Stelle al momento non riesce minimamente a garantire un opportuno controbilanciamento, sta apparendo come una reazione intrisa di rabbia nei confronti di quello che viene considerato il malgoverno degli ultimi cinque anni. Cerco di dire come la penso in merito. 

Il Partito Democratico Italiano non poteva rimanere indenne rispetto alla crisi della Sinistra in tutta Europa. I principi di tolleranza e solidarietà, propri del progressismo, si scontrano con una realtà nella quale il cittadino, sempre più vessato da austerity e tassazione, non accetta più che le scelte strategiche del proprio governo non riescano mai a privilegiare seriamente la lotta contro le povertà diffuse e politiche di sviluppo più concrete. Se sono state le classi sociali meno abbienti a voltare le spalle alla Sinistra, figuriamoci se non lo abbia fatto quel ceto medio che, più o meno illuminato, aveva dato credito alle politiche del PD.

È innegabile che la questione politica a Sinistra si sia ridotta da anni solo ed esclusivamente alle diaspore sul tema della leadership, mettendo da parte gli argomenti che rendono un partito vivo: proposta politica, elaborazione progettuale, analisi condivisione del sentire comune. Un partito che, invece, è diventato un centro di potere fine a se stesso. Sì, so già che chi legge trarrà la più semplice delle conclusioni: Matteo Renzi e il Giglio magico hanno degradato un progetto politico avvilendo le speranze di milioni di persone. Non sono d'accordo. Perché è chiaro che la verità ha diverse facce. 

Non è corretto considerare Renzi alla stregua dell'uomo nero. Ha commesso numerosi errori, dimostrando ahimè che la storia non ha insegnato nemmeno a lui a prendere la direzione più ragionevole. Quante volte ci siamo accorti che in un Paese come il nostro la politica leaderistica e accentratrice non ha mai prodotto niente di buono? Eppure non ritengo che Renzi abbia sbagliato tutto. Ha sbagliato ad isolarsi, ad alimentare senza fare il benché minimo passo indietro un percorso sfociato in una scissione (quella dei LeU) che, secondo me, era evitabilissima. Ma Renzi ha anche tentato di modernizzare la Sinistra italiana, soprattutto quella tuttora ancorata ad una iconografia romantica che stride con un'epoca multimediale in una realtà che galoppa. 

Ha cercato di capire il Paese, ha dato una visione da anni Duemila, ha programmato un sistema che, col sì al referendum costituzionale, avrebbe inciso una linea di demarcazione netta tra passato e futuro. Non c'è riuscito, in parte per colpa del suo ego smisurato, in parte per la paura dei suoi competitor che si prendesse troppi giri di vantaggio su tutti gli altri. Ne è scaturita una battaglia personalizzata che, in piccolo, mi ha ricordato molto quella del 2003, quando al referendum per Sciacca Terme si scatenò l'inferno affinché quel nuovo nome non fosse la vittoria politica di Ignazio Cucchiara.

Sulle scelte strategiche non credo che Renzi abbia sbagliato tutto. Per esempio: chi l'ha detto che un leader di Sinistra non debba interloquire con Confindustria? Se Confindustria ottiene dal governo migliori condizioni per dare più posti di lavoro, non è questa una politica "di Sinistra"? Oggi, però, va rinnovato il decalogo delle priorità del PD. Se Renzi vuol farsi un altro partito composto esclusivamente da fedelissimi adoranti, faccia pure. Non lo seguirò. Ho letto che vuol fare un programma televisivo. E qui si ripropone il tema di sempre: chi vuol dimostrare di avere troppi talenti poi non riesce a valorizzarne nemmeno uno. 

Il Partito Democratico deve tornare a privilegiare l'ascolto della gente e le sue necessità. Può ripartire con un progetto che metta al primo posto le necessità delle classi meno abbienti, cercando di capire perché proprio loro siano oggi le avanguardie di quel fascioleghismo che sta alimentando egoismo e cattiveria.

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