lunedì 4 maggio 2020

Gli uomini di potere e la paura dell'idea che gli altri hanno di loro

L'unico di cui l'uomo di potere dovrebbe avere timore è colui che la mattina lo guarda dallo specchio. Di fatto, invece, non fa altro che inseguire il giudizio che gli altri hanno di lui. È, questo, uno dei simboli della società competitiva (o malata, fa lo stesso) nella quale viviamo, in uno scenario ormai definitivamente surreale, dove ad essere importante è non tanto l'azione che si compie, quanto la percezione che ne ricevono gli altri. La coltivazione di questa percezione da parte dell'uomo di potere si trasforma così in una vera e propria ossessione, che lo induce ad avere bisogno (e ad avvalersi) della tipica cortigianeria spicciola, quella che si profonde affannosamente in pacche sulle spalle e applausi gaudenti, come quelli dei militari che inneggiano al capo o ridono alle sue battute (il più delle volte senza averle nemmeno capite). L'uomo di potere ha così bisogno dei cortigiani come di un eccitante, che ne sostenga verbo e presenza sul proscenio. Ed ecco che, dunque, nella sublimazione del più classico degli ossimori, l'uomo di potere si manifesta per quello che è: un debole, un afflitto, unto e già pronto per friggere nell'olio (ormai bruciato) del conformismo in cui dai tempi di Giulio Cesare navigano i baciapile.  

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