venerdì 8 maggio 2020

Eppure basterebbe una dose minima di capacità di discernimento per neutralizzare le fake news

Da sempre gli intrecci della storia offrono spunti per valutazioni filosofiche, che talvolta sfociano in quelle derive che, in definitiva, altro non fanno che offrirci rappresentazioni (più o meno imparziali) della classica contrapposizione tra "bene" e "male". Un ruolo fondamentale in tale direzione viene oggi esercitato dalle cosiddette "Fake news". Che non sono certamente nate ieri, ancorché con conseguenze diverse (si pensi, per dire, all'onta di morte generata dalla stessa Inquisizione, basata su una sublimazione astratta della visione dell'immaterialità per antonomasia contro il suo esatto opposto). Nel mirino dei "cazzari", inevitabilmente, finiscono ancora oggi la razionalità umana e la capacità di discernimento, che, naturalmente, niente hanno a che fare con i dogmi religiosi, quelli offerti agli astanti da chi, a dispetto del senso stesso del passaggio di Gesù Cristo in questo mondo, considera e utilizza il Crocifisso non uno strumento di testimonianza ma una vera e propria arma utile a contundere sulla testa tutti gli infedeli.

Oggi le notizie farlocche invadono la stessa visione del mondo, mettono in discussione le nostre convinzioni, soprattutto se provengono da sedicenti esperti. Prima che condizionare, i diffusori di "Fake news" si pongono l'obiettivo di suggestionare il fruitore. E, purtroppo, sempre più spesso raggiungono l'obiettivo. Tanto più ciò accade se la "fonte della notizia" è perfino il governo della più importante democrazia del mondo, il cui presidente in carica ipotizza (ad esempio) come il coronavirus sarebbe stato generato in un laboratorio a Wuhan. 

La storia ci dice come le Fake news siano sempre riuscite ad attecchire in periodi nei quali le masse avevano bisogno (un bisogno più o meno latente) di reazione nei confronti dello status quo. L'obiettivo delle masse non è, dunque, disporre di una verità fattuale, quanto di quella intimamente più gradita, di cui si ha bisogno per avvalorare sospetti inconfessabili. Le conclusioni sono quelle a tutti note, con una fluttuazione drammaticamente mediatica di tesi il più delle volte strampalate, eppure percepite come concrete soprattutto da parte di chi ha la necessità di trovare conferma ai propri sospetti.

E così: la colpa della crisi economica è dei "migranti che ci rubano il lavoro", la (ex) presidente della Camera Boldrini ha assunto a cinquemila euro al mese prima il nipote, poi il cugino, infine la cognata, i vaccini causano l'autismo, i tumori vengono generati apposta dalle stesse case farmaceutiche che poi lucrano sui farmaci necessari per curarli. È un assedio che ogni giorno si arricchisce, in barba a smentite empiriche e a dimostrazioni scientifiche, prodotte (naturalmente) per generare illusione in quel popolo che (così qualcuno gli ha fatto credere) grazie a Internet oggi è in grado di confutare qualsiasi verità storica. Tra cui quella che la terra non è affatto tonda. 

Riuscire a difendersi da questa invasione barbarica purtroppo è piuttosto complicato, soprattutto se a servirsene sono anche forze di governo (ma anche di opposizione) pro tempore. Per noi giornalisti, peraltro, lo stesso antagonismo che subiamo quotidianamente da parte delle notizie false diffuse dalla rete (anche da sedicenti "testate") continua a rivelarsi una condizione che rende oltremodo difficile la necessaria distinzione da parte del fruitore finale tra credibilità e inattendibilità. 

Una battaglia talvolta impari, ma che non possiamo certamente sottrarci dal continuare a combattere, e in tale direzione si inquadra sicuramente il doveroso continuo ricorso alle verifiche, attraverso il meccanismo del "fact-checking", orientato ad una rigorosissima verifica delle notizie prima di pubblicarle da parte di chi fa informazione in maniera professionale. 

Tutto giusto, tutto bello. Eppure, se solo ci si pensa un momento, sarebbe sufficiente appena l'applicazione di una dose (anche minima) di capacità di discernimento per neutralizzare le bugie travestite da notizie. Quanti secoli ci vorranno per riuscire nell'intento?

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