mercoledì 18 novembre 2020

Scuola. Ritardi nei pagamenti dei docenti a "contratto Covid". La protesta di un giovane insegnante saccense

Se tutti i docenti con contratti covid o supplenze brevi si comportassero come si comporta lo Stato, seguendo logicamente il trattamento che stanno ricevendo, dovrebbero arrivare in ritardo ogni giorno, o meglio, prendere servizio e iniziare a lavorare due o tre mesi dopo. 

I ritardi sui pagamenti dei “contratti Covid”, come anche quelli per le supplenze brevi, sono due esempi di come costantemente i diritti dei lavoratori vengano calpestati. 

Questo gioco perverso sfinisce, toglie energie, ma soprattutto, mortifica lentamente, giorno dopo giorno la dignità dei lavoratori.

Il primo inganno è il meccanismo dello “scaricabarile”, che consiste in un continuo rimpallo di responsabilità che, in modo contraddittorio, assolve tutti: la segreteria dice che i fondi non ci sono, la Ragioneria di Stato che aspetta indicazioni dal Miur, il Miur che aspetta indicazioni dal Ministro e così via. 

La perversione si muove su due inganni che portano ad uno stallo esasperante; un labirinto senza via d’uscita. 

Insomma, si delinea un panorama in stile “Fiera dell’est”, come cantava Branduardi: una fiera dell’assurdo; il secondo inganno, a mio avviso il più pericoloso, è quello di parole vuote che si instillano come veleno nella mente di ognuno: “pazienza” , “gavetta”,  tanto per fare due esempi. 

Se riflettiamo attentamente, ci rendiamo conto di come queste due parole non solo non abbiano nulla a che fare con i ritardi sui pagamenti, ma come rappresentino dei veri e propri meccanismi di difesa, o peggio di negazione, i quali si radicano nel nostro cervello per costringerci ad accettare una realtà disarmante.

Accettare passivamente significa piegarsi ad una fallacia che rischia di trasformarci in schiavi legati ad un catena, che continuano a vedere le ombre proiettate su un muro: le ombre della “pazienza” della “gavetta”, e del“ è sempre stato così”.

Lorenzo Marciante

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