domenica 10 febbraio 2019

La frustrazione autoassolutoria di chi brandisce le foibe solo come contraltare ideologico


Solo in un Paese culturalmente malato e politicamente rancoroso una tragedia di straordinaria crudeltà come quella delle foibe può essere brandita come un'arma ideologica e strumentalizzata come bizzarro (sedicente) contraltare della storia. Eppure accade anche questo. Perfino questo, oserei azzardare.
La "sfida" è chiara: se i nazifascisti furono assassini, allora i comunisti non furono da meno. Una specie di "lezione della storia" che dimostra, quantomeno una verità imbarazzante, agitata come un vessillo politico al solo scopo di riscattare (si fa per dire) la marginalizzazione politica della Destra più becera, picchiatrice e violenta che durante il Ventennio, al soldo dell'asse Roma-Berlino, aveva manganellato, somministrato olio di ricino, ucciso e lasciato uccidere. Un tentativo, dunque, di contestare, contrapponendo una tragedia ad un'altra tragedia (la lotta partigiana contro la dittatura fascista e i suoi derivati) la presunta sedicente superiorità morale della Sinistra.
Si alza così l'asticella, con l'obiettivo finale di equiparare, se non nelle finalità nei metodi della lotta, partigiani e fascisti.
"Se voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane!", dice Pier Capponi a Carlo VIII. Ma il tentativo di volere dimostrare che fascisti e partigiani "pari sono" che personalmente trovo ridicolo.
Al culmine di una guerra civile non esistono azioni giuste o sbagliate. Violenza chiama violenza, assassinio chiama assassinio, crudeltà chiama crudeltà. Da antifascista, per esempio, io trovo a dir poco vergognosa la pagina di Piazzale Loreto, anche se non è mai corretto decontestualizzare un singolo episodio dalla storia più ampia.
La sensazione finale è che agli "anticomunisti" le vittime delle foibe interessino solo fino ad un certo punto, e che la loro necessità vera sia quella di disporre di un appiglio per fronteggiare la frustrazione di chi non ha mai accettato l'esito della storia fascista.
E allora io rispetto le vittime delle foibe. Furono vittime innocenti di una criminale pulizia etnica avallata dal regime di Tito. Così come rispetto, però, le vittime della repressione di una dittatura fascista sanguinaria e assassina, i cui protagonisti non meritano alcun rispetto, né quello umano, né tanto meno quello politico. Nessuno mi toglie dalla testa che, più o meno intimamente, chi insegue di continuo la necessità di ricordare al mondo che i 6 milioni di morti della Shoah sono ben pochi rispetto ai 20 milioni uccisi da Stalin, non abbia alcun interesse nei confronti di un aspetto umanista, ma solo un'esigenza autoassolutoria rispetto a quella che considera la menata del fascismo che tolse i diritti e uccise i dissidenti (a partire da Giacomo Matteotti) ma che, al tempo stesso, fece anche cose buone (sic!), dall'architettura ai treni che arrivavano in orario
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