giovedì 27 settembre 2018

Menfi, 1985: una storia di due vite perdute devastate dalla droga e dalla violenza

Maria Celeste aveva appena 24 anni il giorno in cui fu uccisa. Febbraio era agli albori, non erano certamente giornate tiepide quelle che si stavano vivendo a Menfi agli inizi di quel dannato 1985. Purtroppo aveva un grave problema, Maria Celeste: era una tossicodipendente. E lo era anche il marito Giovanni. Anche lui ventiquattrenne. Due ragazzini diventati adulti troppo presto. Bruciando le tappe, concludendo anzitempo la parabola della loro giovanissima esistenza. Sì, perché anche Giovanni fu ucciso. Fu un agguato feroce, spaventoso. Ne scaturì un autentico massacro. 
Maria Celeste e Giovanni erano andati insieme in contrada Magaggiaro, nei pressi di quel bosco che è uno dei polmoni verdi che garantisce ossigeno a questo splendido scorcio di Sicilia. La Fiat 128 dei due giovani si fermò vicino una vecchia cava. Era lì che, probabilmente, avevano un appuntamento, evidentemente il più lontano possibile da occhi indiscreti, con degli spacciatori. Forse i due ragazzi dovevano rifornirsi di stupefacenti, in parte per se stessi, in parte da destinare a loro volta al piccolo spaccio sul territorio. Pratica inevitabile per potere reggere la propria condizione di assoluta debolezza e bisogno. Ma qualcosa andò storto. Oppure, chissà, era proprio così che dovevano andare le cose, questo non lo si appurò mai. Forse gli accordi furono disattesi, oppure il negoziato prese una direzione sbagliata, oppure ancora Maria Celeste e Giovanni udirono o videro cosse che non avrebbero dovuto né sentire né tanto meno osservare. Anche se ciò che accadde appare ancora oggi assolutamente sproporzionato. Fatto sta che mentre il corpo della povera Maria Celeste veniva raggiunto da una successione impressionante di colpi di pistola, il marito tentava di mettersi in salvo. Si mise a correre, Giovanni. Ma non poté macinare che poche centinaia di metri. Fu raggiunto vicino ai primi pini della macchia, cadendo anche lui sotto i colpi di calibro 38 che lo centrarono alla schiena. Fatale, probabilmente, quello che lo raggiunse alla testa. Maria Celeste era stata ferita alla spalla. Avrebbero potuto darle il colpo di grazia, evitandole ulteriori sofferenze. E invece no. Il corpo della giovane fu dato alle fiamme. Era ancora viva mentre il fuoco le devastava il corpo. Morì così, Maria Celeste. Una vita perduta, immolata sull'altare della violenza e della droga, come dimostrarono i resti delle siringhe carbonizzate ritrovate nella tasca del suo cappotto. Vite perdute non solo quelle di Maria Celeste e Giovanni. No. Quel giorno in contrada Magaggiaro di vita si spezzò anche quella del piccolo che la ragazza portava in grembo. Una pagina di violenza inaudita che la nostra storia purtroppo ha dimenticato troppo presto.

domenica 16 settembre 2018

Purtroppo non saranno pochi quelli che dilapideranno il loro reddito di cittadinanza in videopoker e gratta e vinci

Essendo il reddito di cittadinanza "la promessa delle promesse elettorali" del Movimento 5 Stelle, sarà inevitabile arrivarci, prima o poi. Non condivido lo spirito di questa operazione. Lo condividono, però, tanti italiani che hanno votato per i grillini. È di questo che voglio parlare.A livello di ammortizzatori sociali l'Italia è tra i paesi europei che hanno fatto scuola: dall'indennità di disoccupazione agli assegni familiari.

Il reddito di cittadinanza è una cosa leggermente diversa. Io la considero una forma di assistenzialismo che, pur con tutti i correttivi che si stanno studiando, non fornisce prospettive incoraggianti. Di Maio continua a dire che al terzo lavoro rifiutato dal beneficiario il sostegno verrà revocato. Mi sembra una visione semplicistica e preoccupante.

Per dire: se ci fosse tutto questo lavoro da offrire, come mai ci sono così tanti disoccupati? Non sarà forse che sarà possibile "offrire" i soliti lavori da sfruttamento e calpestamento della dignità? Cosa funziona sul piano politico? Creare condizioni di sviluppo o dare un sostegno economico? La domanda, naturalmente, è retorica. Tanto più che, proprio in riferimento alla platea di chi potrà accedere al reddito di cittadinanza, ci saranno soggetti che non esiteranno a dilapidarlo in videopoker e gratta e vinci.

Il ministro dell'Economia Tria (scelto da chi governa, non certo da me) continua a predicare prudenza, perché soldi non ce n'è, e se si vuole evitare la bancarotta bisogna toglierli altrove per finanziare questo provvedimento. Non è un tema facile, ma viene considerato un elemento irrinunciabile né negoziabile, nel senso che il governo potrebbe perfino cadere. Dubbi, infatti, ne ha a iosa Matteo Salvini che, pure, a "gioco d'azzardo" politico può fare scuola, visto che anche le sue proposte sono dei salti nel vuoto (flat-tax e abolizione della Legge Fornero su tutte).

martedì 11 settembre 2018

Dopo quel giorno nulla fu più lo stesso. Non a caso, ad ogni successivo attentato in varie parti del mondo, i capi di stato hanno commentato: "È questo il nostro 11 settembre". Le successive teorie complottiste hanno solo cercato di rendere tragicomica quello che era "solo" un dramma immane. Furono ben altri i complotti orditi dagli Stati Uniti. Per esempio quello dell'11 settembre di ventotto anni prima, che attraverso il generale Pinochet, "burattino" di Nixon e Kissinger, devastò Santiago del Cile, attentando alla Democrazia, provocando la morte, prima della destituzione, del presidente socialista Salvador Allende, oltre a quella di altri sessantamila cittadini inermi. Due pagine vergognose della nostra storia che non vanno dimenticate.

sabato 8 settembre 2018

Se perfino in Svezia "chiagnono e fottono" allora è vero che il mondo è più malato che mai


"Chiagni e fotti" è un'interpretazione seria della vita che solo i napoletani potevano dare. Tende a dare l'idea di chi, piangendosi addosso, di fatto sta assai meglio di quanto non si immagini. È uno dei temi che manifestano l'ipocrisia al livello più alto. A rendere figurata questa immagine in anni recenti furono sicuramente le lacrime della professoressa Elsa Fornero quando, presentando la sua discussa riforma pensionistica, non riuscì a trattenere il pianto. Il tutto illuminato dai flash dei fotografi. L'assunto, assolutamente arbitrario, s'intende, era che, nel concreto, del destino dei "classe '52" in realtà non gliene importasse un fico secco.

Ma dalla politica alla letteratura, passando per le narrazioni cinematografiche. l'abbinamento tra "piangere e fottere" permette di capire molto dell'uomo e delle sue frustrazioni. Come, ad esempio, del bisogno di dover dimostrare che i propri guai sono indubitabilmente più gravi di quelli degli altri. È facile trovare quelli che parlano, assai più complicato è riuscire a selezionare coloro che hanno la capacità di ascoltare. A meno che non lo facciano per mestiere, ma quelli sono "fuori concorso".
È una specie di deriva culturale quella nella quale stiamo andando a finire. Ed è in questo quadro che sto pensando alla Svezia, storicamente la più grande socialdemocrazia dell'Occidente. Una società che per secoli ha assistito il cittadino, dalla culla alla tomba, ma che oggi sembra essere pronta a svoltare a destra, quella dalle origini addirittura neonaziste. Perché, evidentemente, non è sufficiente fare tutto quanto è necessario per il proprio popolo se, poi, quel popolo che, pure, non è certo tra i più depressi del mondo dal punto di vista economico e da quello culturale, comincia a lamentarsi e a cambiare registro. Una reazione a cosa? Allo sviluppo? O, forse, più probabilmente, siamo solo di fronte all'ennesimo simbolo di una recrudescenza xenofoba che sta ammalando perfino i paesi più evoluti? Attenzione: è chiaro che occorra analizzare questi fenomeni sociologici in modo più serio che attraverso un banale blog. Ma l'idea che perfino a Stoccolma abbiano iniziato a piangere e fottere mi fa capire che il mondo è più malato di prima.

Il carcere duro: perché il dibattito sul singolo caso Cospito si sta estendendo sulla norma nella sua interezza

Avere trasformato la singola questione riguardante lo sciopero della fame dell'anarchico Alfredo Cospito in un dibattito (con molte, tro...